Luciano Pellicani, Le Radici dell’Europa, Rubbettino Editore.Per oltre mille anni, la fede nel Dio biblico è stata così determinante e onnipervasiva che Novalis poteva formulare la celebre endiadi Christenheit oder Europa. Per contro, ormai da tempo, il processo di secolarizzazione, connaturato alla Modernità occidentale, impedisce di continuare a considerare l’Europa non solo come la Cristianità, ma anche semplicemente come una Cristianità. È accaduto che quella che Heine ha descritto come la guerra culturale fra Ebrei ed Elleni – la quale, a partire dal Rinascimento, ha lacerato le viscere intellettuali morali della società europea – si è conclusa con la vittoria di Atene su Gerusalemme. Ne è scaturita una civiltà che può senz’altro essere definita neopagana.
In effetti, essa ha rivalutato l’homo naturalis e il saeculum, demonizzati dall’etica cristiana, e, in nome della sovranità della Ragione, ha altresì progressivamente ridotto lo spazio e l’influenza del Sacro. È per questo che, a coloro che oggi insistentemente invocano la restaurazione del primato della Fede quale unica possibile base morale della nostra civiltà, va ricordato quanto Dietrich Boenhoeffer ha onestamente riconosciuto, e cioè che l’Europa è diventata adulta grazie alla rivoluzione culturale operata dall’Illuminismo che ha sostituito il principio di eteronomia sotto forma di clericalismo con il libero esercizio della critica. Ed è appunto questa la Città secolare: la civiltà dei diritti e delle libertà nata dalla progressiva abolizione della tirannia della religione sulla vita.
Luciano Pellicani Titolare della cattedra di sociologia politica presso la LUISS di Roma e direttore di «Mondoperaio», è autore di molti volumi, fra cui Dalla società chiusa alla società aperta “Rubbettino, 2002).