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Longobardi, al MANN un popolo che cambiò la storia

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Gli uomini dalle lunghe barbe stanno per arrivare a Napoli. Longobardi. Un popolo che cambia la storia, al Mann, Museo Archeologico di Napoli, dal 21 dicembre 2017. Mostra itinerante che, iniziata il 26 agosto a Pavia, giungerà a Napoli, fino ad approdare, come tappa successiva, a San Pietroburgo. Curata da Gian Pietro Brogiolo e Federico Marazzi con Ermanno Arslan, Carlo Bertelli, Caterina Giostra, Saverio Lomartire e Fabio Pagano e con la direzione scientifica di Susanna Zatti, Paolo Giulierini e Yuri Piotrovsky, la mostra organizzata da Villaggio Globale International consentirà di dare una visione complessiva e di ampio respiro del ruolo, dell’identità, delle strategie, della cultura e dell’eredità del popolo longobardo. In particolare, la mostra napoletana, patrocinata dal Comune di Napoli, riserverà un posto particolare a San Gennaro, primo vescovo di Benevento e patrono di Napoli, con eventi collegati alle Catacombe di San Gennaro e al Tesoro di San Gennaro.

Corno potorio in vetro

Corno potorio in vetro

La mostra – Punto di arrivo di oltre 15 anni di nuove indagini archeologiche, epigrafiche e storico-politiche su siti e necropoli altomedievali, possiamo definirlo come un evento epocale, sul popolo che invase l’Italia nel VI secolo, entrò in Campania, conquistò Benevento, Capua e Salerno e tentò invano di prendere Napoli. Oltre 300 le opere esposte; più di 100 i musei e gli enti prestatori; oltre 50 gli studiosi coinvolti nelle ricerche e nel catalogo edito da Skira, 32 i siti e i centri longobardi rappresentati in mostra, 58 i corredi funerari esposti integralmente, 17 i video originali e le installazioni multimediali (touch screen, oleogrammi, ricostruzioni 3D, ecc.); 4 le cripte longobarde pavesi, appartenenti a Istituzioni diverse, aperte per la prima volta al pubblico in un apposito itinerario; centinaia i materiali dei depositi del MANN vagliati dall’Università Suor Orsola Benincasa, per individuare e studiare per la prima volta i manufatti d’epoca altomedievale conservati nel museo napoletano.

Lastra di ambone con pavone

Lastra di ambone con pavone

Così la storia ci ricorda -Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C., l’Italia, sotto il dominio prima di Odoacre e poi degli Ostrogoti, era rimasta il cuore economico, culturale e religioso dell’Europa occidentale. Tutti i tentativi di riunire l’antico Impero da parte dei Bizantini, con la conquista della Penisola nel 553 a scapito degli Ostrogoti, si infransero tuttavia nel 568 con l’arrivo di un popolo “invasore”- i Longobardi – che varcò le Alpi Giulie e iniziò la sua irrefrenabile espansione sul suolo italiano. Da quel momento la storia dell’Italia non fu più la stessa. I Longobardi Gli “uomini dalle lunghe barbe” contribuirono ad avviare quel lunghissimo periodo di frammentazione politica della Penisola che si protrasse sino al Risorgimento. I Longobardi non riuscirono mai infatti a conquistare l’intera superficie del territorio italiano. Ma la storia di questo popolo è anche il racconto di grandi sfide economiche e sociali, di relazioni e mediazioni tra Mediterraneo e Nord Europa, di secoli di guerre e scontri, di alleanze strategiche e contaminazioni culturali tra differenti popolazioni, di grandi personalità. Un’epopea che ha visto Pavia diventare capitale del Regno Longobardo e il Sud Italia, con il Ducato di Benevento, divenire memoria e retaggio sino a oltre metà dell’XI secolo del dominio pavese abbattuto da Carlo Magno nel 774.

La storia in una mostra – È un insieme di novità e capolavori, con uno sviluppo in otto sezioni, ed un allestimento di grande fascino e di assoluta novità nel campo archeologico, che incrocia creatività, design e multimedialità. Si esporranno per la prima volta alcuni contesti goti con la sovrapposizione di gruppi longobardi come il nucleo di tombe di Collegno in provincia di Torino, ove sono stati ritrovati due individui, entrambi esposti, di cui un bambino di 7 anni, con la deformazione artificiale dei crani: una pratica di distinzione sociale diffusa tra gli Unni e i Germani dell’Europa centro-orientale. Tra le più recenti scoperte, eccezionale, per le sue dimensioni, appare la necropoli cuneese, di Sant’Albano Stura, dove sono state riportate in luce quasi 800 tombe. Tra le più ricche sepolture longobarde vi sono quelle femminili di Torino-Lingotto e Parma-Borgo della Posta con le magnifiche fibule decorate a filigrana o in cloisonné e il guerriero di Lucca-Santa Giulia evidenza di una società fortemente militarizzata. Tipici dell’artigianato germanico e tra le più raffinate manifatture sono i corni potori in vetro – rosa vinaccia da Cividale, verde da Spilamberto, blu da Castel Trosino – con filamenti applicati a onde che imitano i corni animali e che l’aristocrazia usava per bere: prestigioso simbolo di status che rimanda alla convivialità e all’ostentazione sociale del banchetto. Nei monasteri di Montecassino e San Vincenzo al Volturno fu perfezionata la scrittura cosiddetta beneventana o longobarda, che fiorì in opposizione alla scrittura rotonda dell’Europa carolingia. Eccezionale monumento di questa cultura è il codice delle omelie, previsto in esposizione, eseguito a San Vincenzo al Volturno. La mostra si conclude con la grande fioritura della Longobardia Minor che prolunga – caduta Pavia ad opera di Carlo Magno – la presenza longobarda in un ducato autonomo in Italia, fino all’XI secolo.

I Longobardi e San Gennaro –  La Napoli bizantina e il Sud Longobardo hanno in comune il Santo e la storia condivisa di un culto intramontabile, che fa di San Gennaro il più amato da tutti i campani. Un Santo, supposto primo vescovo di Benevento, venerato anche dai Longobardi. Nel V secolo il suo corpo fu trasportato presso l’area cimiteriale ipogea posta sulla collina di Capodimonte, ancor’oggi nota come Catacomba di san Gennaro, dove fu edificata una grande basilica a custodirne le reliquie. E fu proprio in questo luogo che, nel 831 il principe Sico di Benevento, trafugò i resti del Santo mentre Napoli era sotto assedio da parte dei Longobardi che tentavano di annettere la città ai propri domini. Le spoglie rimasero a Benevento sino alla metà del XII secolo e tornarono a Napoli dopo altri trasferimenti solo nella metà del XV secolo. Se in passato San Gennaro fu quindi motivo di scontro, oggi rappresenta uno dei tanti elementi di comunanza fra Napoli e Benevento e fra coloro che un tempo si definivano Longobardi (i Beneventani) e Romani (cioè Bizantini, vale a dire i Napoletani). Longobardi. Un popolo che cambia la storia ne farà prova a dimostrazione.