Giovedì 6 Ottobre, Renata Di Martino ha presentato il suo nuovo libro La morte nel bicchiere, un insieme di gialli nati come gli antichi racconti d’appendice: inizialmente scritti per il Mattino e solo successivamente raccolti in questo volume.
Premettendo la difficoltà di ideare racconti per un quotidiano, anche per una questione di spazi che si sono molto ridotti rispetto al passato, il critico Marco Lombardi e il giornalista Pietro Treccagnoli insistono sulla teatralità di queste storie, sulla capacità di Renata di riprodurre le caratteristiche minute di un microcosmo, come quello dei quartieri spagnoli, e di carpirne i rumori, gli odori e i colori. Anche nelle battute pronunciate dai personaggi, è evidente il passato di attrice di Renata e la sua maestria nell’utilizzare tecniche teatrali in storie che sembrano quasi dei fotogrammi.
Centrale la figura del Commissario Criscuolo, che appare curioso, appassionato della sua città e di arte, ben disposto verso buoni e cattivi e ipocondriaco nato.
Forse l’aspetto più originale del libro è la pressoché totale assenza della camorra: essa resta sempre sullo sfondo senza mai diventare la causa dei vari delitti. C’è una microcriminalità spicciola molto diffusa, che chi vive a Napoli conosce fin troppo bene, ma il boss scompare.
Il resto è il tipico giallo napoletano: un delitto, un’arma, che è quasi sempre il veleno, infine il sogno, la visione di Criscuolo delle scene del crimine, classico espediente soprannaturale, spesso presente nei gialli, che presta soccorso per la risoluzione del caso.