Niente canzoni d’amore
di Charles Bukowski, Tea, Milano, 7 euro.
Sulla vita emarginata e sconcia di Charles Bukowski si è scritto tanto, forse troppo. Molto spesso il suo genio letterario è passato in secondo piano o etichettato brutalmente come “maledetto”. Ma al di là di semplici e semplicistiche definizioni resta la schiettezza, la linearità di una scrittura dal ritmo slabbrato e brutale, violento, incalzante. Una scrittura che da’ il meglio di sè nella forma del racconto breve, dove lo scrittore americano è un vero e proprio maestro, combinando insieme grande capacità inventiva, stile asciutto e aneddoti biografici cui di continuo attinge per provocare il lettore, per fargli toccare con mano cosa significhi il termine alienazione, per spingerlo ad interrogarsi sulla vita emarginata di uomini e donne che sono quasi invisibili col loro fardello di sofferenza e disincanto. In questo modo Bukowski passava la notte: seduto alla macchina da scrivere, con un bicchiere di vino rosso accanto, facendo a pezzi, un morso dopo l’altro, l’american dream.