‘O pernacchio non è un suono.
‘O pernacchio è rivoluzione, è
libertà. ‘O pernacchio è ‘a voce
d’ ‘a gente ca nun tene voce. ‘O
pernacchio è un calcio in culo a
tutt’ ‘e putiente.
Benedetto Casillo
‘O pernacchio, in italiano “vernacchio”, è un tipico gesto scurrile e molto antico, tanto è vero che lo descrivono Petronio nel “Satyricon” e Tito Livio nell’ “Historia magistra vitae” . Molto più efficace di tante parole, in certe circostanze, il pernacchio napoletano è una vera e propria arte. De Jorio ne “La mimica degli Antichi investigata nel gestire napoletano” dà la seguente definizione: “bocca gonfia d’aria e forzatamente chiusa, mano aperta e portata rovescia sul labbro superiore in modo che esso sia compresso dallo spazio che è fra l’indice e il pollice. Disposte così le dita sul labbro superiore e premendolo a replicati colpi, si viene a comprimere la bocca già oltremodo gonfia d’aria, la quale, forzata dagli urti interpellati, nell’uscirne a diverse riprese, farà gli scrosci, che sono quelli a cui si dà il nome di vernacchio”. Tale gesto è stato utilizzato anche nel cinema e nel teatro, specialmente dai celebri Totò e Eduardo De Filippo. L’idea di insulto e di oltraggio che gli si attribuisce nasce dalla somiglianza che il rumore del vernacchio produce con quello che il nostro corpo emette quando espelliamo l’aria chiusa nei nostri visceri. Al tal uopo, il pernacchio vuol significare, come avrebbe detto Eduardo, che il destinatario è " ‘a schifezza, d’ ‘a schifezza, d’ ‘a schifezza ‘e l’uommen’ ".