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Parigi

“PARIGI” di CEDRIC KLAPISCH; FRA, 08.

A Parigi, Pierre, giovane ballerino, è in procinto di affrontare una rischiosa operazione. Inchiodato in casa, accudito dalla sorella, osserva le vite dei suoi vicini. Il regista non è nuovo a opere corali, da lui stesso sceneggiate, sia in interni familiari che di casuale aggregazione giovanile: come nel divertente “L’appartamento spagnolo” (02), tra l’altro con lo stesso protagonista R.Duris e come anche in un’altra opera, che mette in rilievo la vita di un singolo quartiere parigino, “Ognuno cerca il suo gatto” (96). In "Parigi" l’ottica si è allargata all’intera città, letta con uno sguardo amorevole, ma non priva della consapevolezza che, nella vita quotidiana, sconforti, delusioni e perfino drammi si svolgono con la stessa leggerezza di storie a lieto fine o aperte, in ogni caso, alla speranza. Il protagonista vede il suo destino come ad un passaggio pericoloso ed è colui che ha meno cose da raccontare. Però è una presenza avvolgente, nel senso che filtra e fa da “commento vivente” alle storie nel loro insieme, che nascono nella casualità più totale. Il regista, complessivamente, è riuscito a trattenere quest’impressione collettiva di freschezza. Quella che più colpisce e che da sola potrebbe dare valore al film vede come protagonista l’attore F.Luchini, un maturo professore universitario, che non solo tradisce la sacralità incartapecorita della ricerca storica universitaria per darsi alla divlugazione tv e lo fa solo per soldi, ma s’innamora come un ragazzino della bellissima studentessa, che pur cedendo alla sua corte, ha ben altro per la testa. E’ ricco di sensibilità, dalle più intense manifestazioni d’amore, come quando si esibisce in un esilarante numero di ballo “anni 60”, alla più scoperta disillusione. Ma accetta il dato con grande dignità e composta sofferenza. Intensa, ma meno accattivante, è la riscoperta dell’amore operata, grazie anche alle spinte del fratello che accudisce, nel personaggio di J.Binoche, attrice di grande carisma. Tanto più tale, perché recita in sottotono: qui si vede la grande intelligenza delle attrici francesi, che sanno essere perfettamente in parte, con umorismo e bravura, anche quando non fanno le E.Duse. Così anche valide sono le vicende che hanno come oggetto i vari operai del mercatino: in particolare gli incontri tra l’ex moglie di uno di loro e il collega del marito. Il regista tratteggia anche personaggi del milieu operaio e lo fa con una certa ruvida veridicità. Meno convincente è l’incontro di costoro con le indossatrici. Mentre assai azzeccati sono quei “pezzi” d’Africa proposti, che ormai fanno parte integrante del quadro metropolitano.

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