«Occorre oggi più che mai un cambio di paradigma, direi una “conversione sistemica” […] che porti a vivere la povertà in una dimensione propositiva rispetto all’ottica evangelica». Ad affermarlo è Carmine Matarazzo, teologo e filosofo, docente e direttore del biennio di teologia-pastorale presso la sezione San Tommaso d’Aquino della Pontifica Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale. Il contesto è quello prestigioso del 43° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, in corso proprio in questi giorni (17-20 aprile) a Salerno. «Abitare il territorio, abitare le relazioni. Camminare insieme sulla via degli ultimi, per cercare i lontani e invitare gli esclusi» è il titolo di questo meeting, che tematizza l’invito che risuona nel Vangelo di Matteo (22,9): «Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze».
Al centro del ricco programma, l’intervento del professor Matarazzo ha posto in evidenza la necessità di un «vero e proprio programma di innovazione teologico-pastorale con lo scopo in prima istanza di progettare interventi di recupero delle persone dall’indigenza e [che] poi sappia offrire un giusto sostegno e accompagnamento nella risoluzione delle criticità esistenziali di ordine materiale, spirituale, logistico, lavorativo, familiare». Per realizzare tutto ciò, è necessario abitare le “periferie”, luogo-tema molto caro a Papa Francesco, ma che rischia di essere banalizzato se non si capisce che «le periferie sono prima di tutto esistenziali, come possono essere quei luoghi urbani nei quali la solitudine è la compagna fedele per tanti anziani e bambini, famiglie e giovani[…] Impera il silenzio del brutto, la negazione dell’incontro, l’ilarità della collaborazione. In ogni città o paese, perfino in ogni quartiere esiste una periferia.». È qui che l’evangelizzazione si realizza in un tutt’uno con la “promozione umana”, perché «un vangelo che non considerasse la persona nella sua concretezza, è un vangelo a metà».
Non si tratta – spiega Matarazzo – di un’opera opzionale, bensì del «primo impego della chiesa: “andare verso”, “incontrare”, “toccare la carne di Cristo” in tutte le situazioni di emarginazione, esclusione, sofferenza». Un impegno che non esonera la teologia, anzi ne implica il servizio e la missione nella dimostrazione che dal punto di vista teologico «dire periferia vuol dire Vangelo».
Ecco che allora su queste direttive si muove il rinnovamento pastorale, o meglio – come dice Matarazzo – il “cambio sistemico”: «Occorre cambiare lo sguardo. Nella logica della misericordia possiamo ipotizzare una progettualità capace di un cambio sistemico secondo il Vangelo» e secondo la sua logica che stravolge le logiche umane insegnando «a mettere al centro lo “scarto”, gli scartati della società e della storia, perché hanno a loro vantaggio solo la dignità della semplicità».
Un intervento illuminante per il futuro dell’azione pastorale. Un faro sulle dinamiche e le prospettive di un cambiamento necessario.