Print This Post

Pietro Pisano: Peso specifico dell’attimo – Nota

pietro-pisano

Peso specifico dell’attimo di Pietro Pisano, edito da Oèdipus, nella collana Le lanterne, a cura di Melania Panico, restituisce un libro-mondo, e soprattutto, una domanda sul mondo e sull’attimo come respiro inciso.

Non solo come emerge dall’esergo di Adam Zagajewski, che racchiude lo spazio oscuro del tempo e della scena, ma anche nel tempo del corpo, nel respiro sottratto alle cose, nel nudo terrore dell’attimo e nella grande domanda sull’essere, nonostante il limite e il fallimento:

«Dentro la piana della notte / il corpo è il confine / stabilito dal peso della perdita, / qui dove l’essere appartiene / al respiro sottratto delle cose, non si muore / che per vivere / forse è questo ritrovarsi / nel nudo terrore dell’attimo / disconnessi, domandarsi poi / chi è stato ad arrivare /  fin qui. E se in ogni minuto / diventiamo / il fallimento delle parole / nelle parole, perché rimanere / nel calco di questa solitudine / se la domanda è un corpo / gettato nella traduzione / d’una musica idiota?».

Il senso profondo delle ore quando avvertiamo, o meglio sentiamo, la gemmazione della nascita, il confine della rappresentazione, l’estensione del paesaggio e il nome sperduto: «il nome mi scivola nel sonno / dove la crepa dei giorni / s’interpone tra l’inganno e la recita: / voci registrate e scheletri in platea / le risate dei morti / la trasmissione si interrompe / e la pelle del presentatore / si sbriciola una voce non più sua / annuncia la visione / dei prossimi spot pubblicitari».

Pisano racconta di sagome gettate alla vita che non chiede perdono, la labilità umbratile dell’istante che si dona, si porge, raccoglie luci d’autunno e voci confuse.

La parola sembra essere sillaba di enigmi e fuoco che divampa. La densa materia della parola si versa nel mattino come ultima traccia di un mondo sommerso dal risveglio: «Una stanza che mastica le ore / e sputa ricordi a intermittenza / ci ha donato la forma scura / di un pensiero / nel sonno: è una materia densa / che si versa al mattino, / ultima traccia di un mondo / sommerso dal risveglio».

La scrittura del ricordo per costruire il giorno «dal rottame della luce / dentro la più buia delle notti», e poi la caduta, l’assedio delle città nelle foto, il grido e la guerra del respiro, come ultimo colore e ultimità.

L’epifenomeno di Pisano avverte la forza di questa frana e forse l’eu-catastrofe diuna s-proporzione vissuta fino all’estremità, alla fine degli occhi, dove il dolore penetra nel gelo di novembre delle ossa come crepa di luce, per camminare con la paura che insegue, gli occhi strappati e rapiti: «Essere contemporanei a sé stessi, / mi chiedi se lo strappo / potrà ridursi a pochi margini, / le nostre crepe annunciano / millenni da sbrigliare / vite sepolte ed astri / insopportabili alla vista / spunteranno dal nostro ritorno».

O ancora come una scrittura dal sangue, versato sulla pagina nell’alba delle cose: «La penna del destino è caduta / per terra rompendosi, / ora: ci camminano dentro / gli istanti senza suono / siamo scritti dal sangue / versato sulla pagina: / l’alba delle cose».

La parola salvata, i morsi della vita, i graffi, le sillabe rapite di un discorso incompiuto, le ombre staccate racchiudono «l’irripetibile richiamo / qui e ora: ci si abbandona / attraversati dal silenzio / respirati dall’istante / respirare / l’istante».

Pisano affonda nella consistenza ombrata dell’attimo, dove si dipartono linee di luce e di ferita. Il desiderio d’infinito si ritrova nel buio delle strade, nei cordami del petto, nella rapina della gioia, fino all’immenso teatro del mondo, dove i dettagli degli occhi guardano ciò che scorre, si dilata, diluvia come scena esatta:

«Nel regno intero dell’attimo / qualcuno sta ridendo / e noi nell’angolo acuto del giorno / lo guardiamo disegnando / la risposta / come un unico cervello / per due corpi sconosciuti / e ritrovati nel medesimo / stupore: da questo viso / si dipartono le linee di luce / che forse un altro / ancora dovrà afferrare / per azionare / come una ferita di gioia / la vita».

Pisano, dunque, realizza una perfetta fenomenologia del vedere, fino al silenzio, al setaccio della luce, all’assenza e, infine, alla destinazione dello sguardo.

Pietro Pisano, Peso specifico dell’attimo, Oèdipus, pp. 96, Euro 12.