La pizza: un piatto universale in grado di mettere d’accordo i palati di tutto il mondo. A Misurata, una delle città più nevralgiche dell’inferno libico, sta diventando anche e soprattutto alimento di primo conforto per l’esercito ribelle.
Tutto è cominciato grazie ad un’intuizione di Emad Daiki, pizzaiolo libico emigrato da tempo in Svezia, dove, in pochi anni, ha realizzato una redditizia attività di ristorazione take away nel cuore di Stoccolma. Dopo la notizia dello scoppio delle rivolte anti Gheddafi e l’avvio delle operazioni militari internazionali, Emad decide di tornare in patria.
Nella sua Libia messa a ferro e fuoco c’è bisogno di tutto: dalle medicine ai generi alimentari di prima necessità, e soprattutto di qualcuno che provveda ad organizzare catene umane di aiuti al fronte. Con il piglio imprenditoriale e l’esperienza accumulata nei tanti anni di ristorazione, Emad chiede ed ottiene la collaborazione dei forni industriali degli hotel bombardati e dei pochi negozianti rimasti aperti, per fare rifornimento di ingredienti freschi: <<Appena sanno che è per i combattenti, non esitano a rifornirci di grosse quantità di cipolle, pomodori, tonno e olive: tutto gratis!>> racconta entusiasta il pizzaiolo libico. Non è tutto: dal momento che i combattenti non possono certo interrompere a piacimento le operazioni militari, Emad ha reclutato una sorta di esercito parallelo di pizzaioli e giovani dediti alla consegna a domicilio. I primi impastano e sfornano in tempo record, i secondi corrono verso il fronte in una staffetta per assicurare ogni giorno circa 8mila porzioni di pizza ai rivoltosi riuniti nel Consiglio Nazionale di Transizione.