Questo è decisamente l’anno della consapevolezza alimentare. Il primo Maggio, infatti, prenderà il via l’Expo Milano 2015, che la vede protagonista indiscussa a livello globale -e sarebbe il caso di dire universale, visto che Samantha Cristoforetti ne parla continuamente dallo Spazio.
La consapevolezza alimentare è un concetto e un valore molto ampio, che abbraccia l’informazione, il processo di scelta di acquisto e consumo dei cibi, la conoscenza sulle conseguenze di uno stile alimentare, non solo su di sé, ma sull’intero pianeta e sulle generazioni future, oltre alla conoscenza e gestione delle emozioni e dei processi cognitivi coinvolti nel consumo di un determinato alimento.
È il caso della caffeina. Indubbiamente il caffé assume nella cultura italiana e, ancor di più, partenopea, una valenza importantissima: ci si vede per un caffé, si offre il caffé agli ospiti, ci si sveglia e talvolta si va a letto col caffé. Ma che effetto ha realmente il caffé sul nostro umore? Qual è la soglia massima oltre la quale l’assunzione di caffé risulta dannosa?
La caffeina probabilmente è la sostanza in grado di modificare il nostro comportamento più diffusa al mondo. Un moderato consumo giornaliero di caffé (meno di 6 tazzine al giorno) è risultato associato ad una minor presenza di disturbi depressivi, meno decadimenti cognitivi, apportando un aumento di lucidità, prontezza e attenzione, soprattutto in compiti sostenuti in un lungo periodo, più difficili e a bassa attivazione neuro-fisiologica. Questi risultati ed i presunti effetti benefici nella sindrome da deficit di attenzione ed iperattività (ADHD) necessitano di ulteriori approfondimenti, non essendoci, ad oggi, una solida mole di evidenze scientifiche in grado di sostenere la validità di tali effetti terapeutici.
Non per tutte le persone, comunque, la caffeina gioca un ruolo positivo. In persone che soffrono di attacchi di panico e ansia sociale, sembra che la caffeina peggiori la sintomatologia. In alte dosi il caffé può provocare una dipendenza importante e, pertanto, condurre ad un bisogno di una dose sempre maggiore di caffeina per ottenere l’effetto desiderato, a causa dell’adattamento del nostro sistema nervoso centrale alla sostanza.
È il caso di dire che la consapevolezza alimentare può portare ognuno a valutare gli effetti della caffeina su se stesso e decidere, di conseguenza, se assumerla, in che dosi e con quale frequenza.
Bibliografia: Diogo R. Lara, (2010). Caffeine, mental health, and psychiatric disorders. J Alzheimers Dis., 20 (Suppl 1)