Rosso Floyd
di Michele Mari
Einaudi, 2010
euro 20,00
<<Dicesi “diamante pazzo” un diamante di straordinaria purezza tagliato in modo tale da non limitarsi a riflettere la luce che lo colpisca, ma da catturare anche il lucore diffuso nell’ambiente. Questo lucore non viene riflesso ma assorbito all’interno del diamante, ove permane in forma concentrata e puntuale>>.
Cosa c’entra questo estratto del Trattato di gemmologia generale di H.P. Lovecraft jr. con un libro?
E’ un pretesto per parlare di Rosso Floyd (Einaudi, 2010, 281 p. 20,00 euro), l’ultimo romanzo di Michele Mari, incentrato sulla leggendaria figura del diamante pazzo Syd Barrett, membro fondatore di una delle più grandi band della storia del rock, i Pink Floyd, e rockstar controversa la cui figura è diventata mito ancor prima della sua morte, avvenuta a Cambridge il 7 Luglio del 2006.
Il romanzo, composto da innumerevoli confessioni, lamentazioni, referti, interrogazioni ed esortazioni , è una requisitoria a più voci, in cui, come di fronte alla giuria di un immaginario tribunale, tanti personaggi, dai quattro componenti della band a Brian Jones (Rolling Stones), da Stanley Kubrick a Michelangelo Antonioni, prendono la parola e raccontano con trasporto la loro esperienza con Syd Barrett e con i Pink Floyd, scambiandosi accuse, facendo proclami e rivelazioni o semplicemente smentendo false voci sul conto di Barrett.
Syd Barret, personaggio ai confini tra il genio e la pazzia, contribuisce, negli anni sessanta, a creare una delle band che avrebbero fatto la storia della musica psichedelica. Dopo soli due album, tra cui il visionario The Piper at the gates of dawn, il giovane Syd è costretto ad abbandonare il gruppo a causa dell’abuso di acidi che, ad un certo punto, lo rendono incapace di suonare dal vivo, tanto che negli ultimi live della band il suo amplificatore viene puntualmente staccato e a suonare è l’amico David Gilmour, in penombra dietro di lui, non essendo Syd più in grado di eseguire alcunché di sensato.
<<Così per un po’ suonammo in cinque, ma la situazione era sempre più insostenibile. Non potevi mai sapere cosa avrebbe fatto Syd: a volte sembrava quasi normale, e qualcuno di noi deve essersi chiesto se la presenza di David fosse davvero necessaria. Ma voi vi sareste presi il rischio di finire il concerto in tre? […]Ricordo come fosse ieri: eravamo in macchina, e sotto un temporale stavamo andando a prendere Syd. C’era anche David . Un attimo prima di girare a sinistra verso casa sua Rick disse : “Metto la freccia?” e qualcuno rispose: “No cazzo, vai dritto!”. Anche con il fragore del temporale sono sicuro che fosse la voce di Roger>>.(Confessione di Nick Mason, Batterista dei Pink Floyd).
Rosso Floyd è un’opera complessa, un viaggio in una dimensione onirica, sospesa nel tempo.
Si comincia a leggere ed è come trovarsi all’interno di un sogno in cui le voci dei personaggi si susseguono vorticosamente, in un turbinio in cui l’eco e le urla si confondono.
Nascono degli interrogativi: il distacco da Syd ha contribuito alla grandezza della band? E’ stata umanamente comprensibile la decisione di allontanare Syd per i continui problemi che creava ? Oppure i Pink Floyd sono diventati tali a causa dell’assenza di Syd?
Forse l’ingombrante assenza di Barrett ha continuato ad influenzare i loro testi e le loro musiche, il suo talento ha continuato a comunicare con loro dall’interno del suo scantinato di Cambridge e probabilmente tanti brani memorabili sono tali proprio per la malinconia originata dall’assenza, dal vuoto e dal senso di colpa di quattro ragazzi che hanno preso la difficile decisione del suo allontanamento, continuando ad assisterlo negli anni successivi, quando Syd tenterà l’esperienza da solista e troverà al suo fianco uno degli amici di sempre, David Gimour, proprio colui che aveva preso il suo posto e con la sua chitarra aveva creato il definitivo suono Pink Floyd, un marchio indelebile e riconoscibile come pochi.
La lettura di questo libro potrebbe comportare almeno due diverse reazioni: se conoscevate più o meno bene i Pink Floyd, la loro storia e la loro musica, potreste avere un’improvvisa voglia di riascoltare brani come Wish you were here, sprofondati nel vostro divano con la luce spenta, presi da un’immensa e inspiegabile malinconia. Andrete a rileggere i testi e cercherete nuovi riferimenti, la vostra mente si aprirà a nuove interpretazioni, vecchi brani acquisteranno un nuovo senso.
Se invece i Pink Floyd per voi erano solo un sentito dire, un’eco lontana, ecco che vi si aprirà davanti agli occhi un nuovo mondo da esplorare nel vero senso della parola, avrete la possibilità del primo contatto con la psichedelica scrittura del Barrett di See Emily Play oppure rimarrete stupefatti dall’esecuzione del live a Pompei (qui si aprirebbe un altro capitolo, ma questa è davvero un’altra storia) oppure ancora ascolterete le quattro struggenti note di chitarra che aprono Shine on you crazy diamond e avrete la sensazione di trovarvi al centro di uno dei light show che hanno reso immortali i Pink Floyd.
Anche se il romanzo tratta di alcuni fatti e personaggi reali, è pur sempre bene ricordare che si tratta di un’opera di fantasia e che tutto, in questa storia, è funzionale alla finzione.