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Scrittura e annuncio apostolico sono il fondamento della Fede

Il Papa all’udienza generale del 28.1.2009:

SCRITTURA E ANNUNCIO APOSTOLICO

SONO IL  FONDAMENTO DELLA FEDE
 
di Antonio Colasanto
 
Benedetto XVI, nel corso dell’udienza generale di ieri ha dedicato la catechesi alle ultime tre lettere scritte dall’ apostolo Paolo, due a Timoteo e una a Tito suoi stretti e amati collaboratori.
Di Timoteo, quasi una sorta di alter ego al quale affidò missioni importanti in Macedonia, a Tessalonica, a Corinto, scrisse, come ha ricordato il Papa, un elogio significativo nella lettera ai Filippesi “Io non ho nessuno di animo uguale come lui, che sappia occuparsi così di cuore delle cose che vi riguardano”. Anche Tito fu molto caro a Paolo che lo definisce “pieno di zelo…mio compagno e collaboratore” e altrove scriverà “mio vero figlio nella fede comune”.Ebbene queste tre ultime lettere hanno fatto molto discutere gli esegeti circa l’autenticità.
Scritte da Paolo o dettate da Paolo a qualche fedele discepolo che lo aiutava negli ultimi tempi della prigionia romana? Per Benedetto XVI in queste lettere vi sono contenute espressioni che “appaiano talmente autentiche da poter venire solo dal cuore e dalla bocca dell’apostolo.
Senza dubbio la situazione ecclesiale che emerge da queste lettere- ha detto il Papa – è diversa da quella degli anni centrali della vita di Paolo. Egli, adesso, in retrospettiva si autodefinisce "araldo, apostolo, e maestro" dei pagani nella fede e nella verità, (cfr 1 Tm 2,7; 2 Tm 1,11); si presenta come uno che ha ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo – così scrive – "ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta la sua magnanimità, perché io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna". (1 Tm 1,16).
     Paolo, poi, si riferisce ad insegnamenti da considerare errati e falsi.
    “Vediamo come sia moderna questa preoccupazione – ha detto il Papa – perché anche oggi si legge a volte la Scrittura come oggetto di curiosità storica e non come parola dello Spirito Santo, nella quale possiamo sentire la stessa voce del Signore e conoscere la sua presenza nella storia”.
       A tutto ciò Paolo fa fronte con due richiami:
·         in primo luogo invita a leggere la Scrittura in modo spirituale ossia in colloquio con lo Spirito Santo per trovare la giusta via;
·         in secondo luogo invita a prestare attenzione alla tradizione della fede apostolica da custodire con il buon deposito.
“Quindi la Tradizione dell’annuncio apostolico, questo "deposito" -ha argomentato Benedetto XVI – è la chiave di lettura per capire la Scrittura, il Nuovo Testamento. In questo senso, Scrittura e Tradizione, Scrittura e annuncio apostolico come chiave di lettura, vengono accostate e quasi si fondono, per formare insieme il "fondamento saldo gettato da Dio" (2 Tm 2,19). L’annuncio apostolico, cioè la Tradizione, è necessario per introdursi nella comprensione della Scrittura e cogliervi la voce di Cristo. Occorre infatti essere "tenacemente ancorati alla parola degna di fede, quella conforme agli insegnamenti ricevuti" (Tt 1,9). Alla base di tutto c’è appunto la fede nella rivelazione storica della bontà di Dio, il quale in Gesù Cristo ha manifestato concretamente il suo "amore per gli uomini", Dio ama l’umanità.”
  
     Nell’insieme, si vede bene che la comunità cristiana va configurandosi in termini molto netti, secondo una identità che non solo prende le distanze da interpretazioni incongrue, ma soprattutto afferma il proprio ancoraggio ai punti essenziali della fede, che qui è sinonimo di "verità" (1 Tm 2,4.7; 4,3; 6,5; 2 Tm 2,15.18.25; 3,7.8; 4,4; Tt 1,1.14). Nella fede appare la verità essenziale di chi siamo noi, chi è Dio, come dobbiamo vivere. E di questa verità -la verità della fede- la Chiesa è definita "colonna e sostegno".
    La Chiesa prega per tutti perché tutti giungano alla conoscenza della verità e alla salvezza. “"Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità", perchè "Gesù Cristo ha dato se stesso in riscatto per tutti" (1 Tm 2,4-5).
     Queste lettere di Paolo, nonostante le comunità di credenti siano ancora piccole, esprimono in maniera forte e determinata almeno tre aspetti:
  • l’universalismo e la fede come verità, come chiave di lettura della Scrittura;
  • la riflessione sulla triplice struttura ministeriale della Chiesa, in episcopi, presbiteri e diaconi, che andrà sempre più precisandosi;
  • Le tre lettere di Paolo non sono inviate a comunità ma a persone, Timoteo e Tito, che da una parte appaiono come vescovi e dall’altra cominciano a stare al posto dell’apostolo. S’intravede già la realtà che più tardi sarà chiamata “successione apostolica” e il Papa ha ricordato che Paolo dice a Timoteo con tono di grande solennità “Non trascurare il dono che è in te e che ti è stato conferito, mediante una parola profetica, con l’imposizione delle mani da parte dei presbiteri" (1 Tim 4, 14). Possiamo dire che in queste parole appare inizialmente anche il carattere sacramentale del ministero. E così abbiamo l’essenziale della struttura cattolica: Scrittura e Tradizione, Scrittura e annuncio, formano un insieme, ma a questa struttura, per così dire dottrinale, deve aggiungersi la struttura personale, i successori degli Apostoli, come testimoni dell’annuncio apostolico”.
“Preghiamo il Signore e San Paolo – ha detto Papa Benedetto avviandosi alla conclusione – perché anche noi, come cristiani, possiamo sempre più caratterizzarci, in rapporto alla società in cui viviamo, come membri della "famiglia di Dio". E preghiamo anche perché i pastori della Chiesa acquisiscano sempre più sentimenti paterni, insieme teneri e forti, nella formazione della Casa di Dio, della comunità, della Chiesa.”
 
COMUNICAZIONI DI BENEDETTO XVI
   Il Papa dopo il saluto in polacco ha detto : “prima dei saluti ai pellegrini italiani ho ancora tre comunicazioni da fare.
La prima: ho appreso con gioia la notizia dell’elezione del metropolita Kirill a nuovo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Invoco su di lui la luce dello Spirito Santo per un generoso servizio alla Chiesa ortodossa russa, affidandolo alla speciale protezione della Madre di Dio.
La seconda. Nell’omelia pronunciata in occasione della solenne inaugurazione del mio Pontificato dicevo che è "esplicito" compito del Pastore "la chiamata all’unità", e commentando le parole evangeliche relative alla pesca miracolosa ho detto: "sebbene fossero così tanti i pesci, la rete non si strappò", proseguivo dopo queste parole evangeliche: "Ahimè, amato Signore, essa – la rete – ora si è strappata, vorremmo dire addolorati". E continuavo: "Ma no – non dobbiamo essere tristi! Rallegriamoci per la tua promessa che non delude e facciamo tutto il possibile per percorrere la via verso l’unità che tu hai promesso…. Non permettere, Signore, che la tua rete si strappi e aiutaci ad essere servitori dell’unità".
Proprio in adempimento di questo servizio all’unità, che qualifica in modo specifico il mio ministero di Successore di Pietro, ho deciso giorni fa di concedere la remissione della scomunica in cui erano incorsi i quattro Vescovi ordinati nel 1988 da Mons. Lefebvre senza mandato pontificio. Ho compiuto questo atto di paterna misericordia, perché ripetutamente questi Presuli mi hanno manifestato la loro viva sofferenza per la situazione in cui si erano venuti a trovare. Auspico che a questo mio gesto faccia seguito il sollecito impegno da parte loro di compiere gli ulteriori passi necessari per realizzare la piena comunione con la Chiesa, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell’autorità del Papa e del Concilio Vaticano II.
La terza comunicazione. In questi giorni nei quali ricordiamo la Shoah, mi ritornano alla memoria le immagini raccolte nelle mie ripetute visite ad Auschwitz, uno dei lager nei quali si è consumato l’eccidio efferato di milioni di ebrei, vittime innocenti di un cieco odio razziale e religioso. Mentre rinnovo con affetto l’espressione della mia piena e indiscutibile solidarietà con i nostri Fratelli destinatari della Prima Alleanza, auspico che la memoria della Shoah induca l’umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell’uomo. La Shoah sia per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perché la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti. Nessun uomo è un’isola, ha scritto un noto poeta. La Shoah insegni specialmente sia alle vecchie sia alle nuove generazioni che solo il faticoso cammino dell’ascolto e del dialogo, dell’amore e del perdono conduce i popoli, le culture e le religioni del mondo all’auspicato traguardo della fraternità e della pace nella verità. Mai più la violenza umili la dignità dell’uomo!”

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