I giorni si avvicendano ai mesi e le ragazze vivono nella simbiosi quotidiana di un lavoro che non consente distrazioni, bensì le impone. Fuori dalle porte spesso blindate dei tanti domicili dove quotidianamente compiono le loro missioni, devono riuscire a evadere, a non pensare ai casi umani che il comune ha scaricato loro, a mantenere la giusta distanza dai drammatici mondi altrui. Il rischio burn out è sempre in agguato. Qualcuna di loro tenta di sfogarsi periodicamente con le assistenti sociali. Visto che le relazioni rimangono chiuse nei cassetti e scripta non manent, si tenta con i verba. <<Provvederemo a disporre degli incontri periodici, così ognuna di voi potrà esporre tranquillamente i problemi a cui va incontro>>. Oppure <<E’ giusto fare un monitoraggio, anche per capire come sta andando il progetto>>. Niente di niente. Tutto tace.
Cambiano in maniera gattopardiana le giunte, ovvero l’assessore alla cultura passa ai servizi sociali e viceversa, come in un gioco di ruolo che rileva tutta la debolezza di un sistema locale allo sbando.
Un giorno arriva persino un richiamo formale alle ragazze. <<Pare>> che qualcuna faccia firmare indebitamente un numero di ore che di fatto non effettua. Per dirla in soldoni, si farebbe mettere sui registri delle firme fasulle dai genitori dei minori. Ma chi ha scoperto e denunciato l’inghippo?
<<Pare>>, sempre, che siano stati gli stessi genitori a farlo. Il dubbio che ci sia qualcosa di strano sovviene: tali “patrie potestà” prima firmano e poi si stancano di firmare? Prima si renderebbero omertose e compiacenti, per poi trasformarsi in delatori? I servizi sociali non indagano, ma pretendono: da oggi in poi ognuna delle operatrici dovrà fornire, a mano o via fax, un cronoprogramma giornaliero delle ore di tutoraggio. Fin qui non ci sarebbe nulla da obiettare, se non fosse che il programma va fatto ex ante. In pratica le ragazze dovranno, in anticipo, dire le ore esatte in cui si recheranno ai domicili dei loro assistiti e rispettare solo ed esclusivamente quegli orari. <<Faremo dei blitz nelle case, siete avvisate>> vien detto loro come la più assurda delle minacce. Qualcuna, a denti più o meno stretti, risponde <<venite pure, almeno vi renderete conto delle situazioni in cui lavoriamo>>.
Le ragazze fanno notare che le ore di permanenza, da contratto, sono soggette a cambiamento continuo a seconda della disponibilità e dell’accettazione delle famiglie. Può accadere di tutto quando si tratta della sfera casalinga di un nucleo familiare, da una febbre dei minori, a un pomeriggio in cui c’è bisogno di trattenersi un po’ di più.
Ma in questo caso i servizi sociali sono inflessibili. Dura lex sed lex. Peccato che valga solo in maniera univoca. Quando si tratterà di far valere i diritti minimi per l’ennesimo stipendio che non arriva, la legge sarà un ipocrita inganno fatto di promesse politiche puntualmente disattese.
Continua…(nella prossima “puntata“).