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The Millionaire

THE MILLIONAIRE di DANNY BOYLE; USA-UK, 08.

Jamal e Selim, orfani, vivono un’infanzia travagliata; c’è anche la bambina Latika, di cui s’innamora Jamal: ma si perdono di vista. Per rincontrarla, va e vince al “Chi vuol essere milionario?” indiano. Tratto da un racconto di Vikas Swarup, il film è sceneggiato da Simon Beaufoy, lo stesso di “Full Monty” (97): e in effetti circola la stessa atmosfera di attenzione agli ultimi della società; in cui gli aspetti di favola-commedia si intrecciano a quelli del dramma sociale: ma vi sono vistose differenze. Il film non solo è ambientato in India: esso “è” profondamente “India”. Vi avvertiamo tutta l’energia di una nazione che “sente” di stare diventando una superpotenza. Sicuramente aiutato dalla coregista indiana Loveleen Tandan, ci dà nella parte dedicata all’infanzia dei fratelli, la più bella, una visione fantasmagorica di un paese-pianeta, immerso profondamente in un circuito di incontenibile e brulicante vitalità, con bambini che sopperiscono al dramma della solitudine e anche del più feroce sfruttamento, con la voglia di affermare i loro diritti all’amore e alla fratellanza, insieme a quelli della sopravvivenza. Qui il film è rutilante di colori vivacissimi e immerso in sconfinati spazi aperti; osserva i protagonisti con uno sguardo filmico sempre in movimento, in modi quasi famelici nel voler raccogliere i sensi e i sapori di una vita che loro vivono sulla strada, in simbiosi con un ambiente difficile, ma che, in un qualche modo, li accetta. Grazie alla fotografia è, nello stesso tempo, molto realistica e favolistica: cioè ci concede il senso e l’identificazione di una realtà sociale, non priva di connotati estremamente precisi, ma come immersa nel fluido fantastico trasfigurato di un mondo con al centro i bambini. Non casualmente, il Direttore della fotografia, A.Dod Mantle, ha lavorato col regista del “Dogma”, Lars Von Trier, in  film fantastici per bambini e film apocalittici: qui si adegua perfettamente al magma vitale dell’India. E’ una favola che, partendo dalla centralità di un Format tv universalmente noto, lo fa diventare specchio di una nazione. E’ l’epica della tv che “esce “ dalla televisione, per diventare banco di prova dell’immaginario intero di una nazione. Jamal imbrocca tutti i quesiti, non perché “sa”, lui è un povero porta-tè, ma perché “conosce” le risposte, che sono carne e sangue della sua esistenza, che corrisponde a quella di una nazione che ora si affaccia prepotentemente alla ribalta mondiale. E’ chiaro che molte soluzioni sono, a dir poco, ingenue. Ma il film volutamente trascina queste incongruenze, che non tenta nemmeno di “coprire” con la forza inarrestabile di una possente narrazione corale.

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