Quando si parla di traumi è probabile che si immaginino scenari catastrofici, come calamità naturali, stupri, rapine, abusi, torture, guerre e così via. Sicuramente questi sono degli eventi traumatici, quelli che nella terminologia clinica vengono indicati come “grandi T”, ovvero traumi con la T maiuscola. Essi hanno un impatto tale nella vita di una persona, da generare fortissime emozioni e mettere a dura prova la stabilità emotiva di chi li vive direttamente, ma anche in maniera vicaria. Non dimentichiamo, però, che è possibile traumatizzare una persona, più probabilmente un bambino, con ciò che tecnicamente viene definito “piccola t”, ovvero piccoli traumi. Le piccole t solitamente sono ripetute e prevedibili, piccole gocce che giorno dopo giorno scavano un solco molto profondo nella psiche. Pensiamo, ad esempio, ai bambini che vivono in ambienti altamente svalutanti o che hanno genitori trascuranti o che litigano continuamente. Questi sono dei veri e propri abusi che, a differenza delle grandi T, generano un maggior senso di impotenza: il bambino sa che la piccola t arriverà, ma sa anche che non potrà fare nulla per impedirlo.
Questo è il modo migliore di creare sin dalla tenera età una vulnerabilità personale che darà vita ad un adulto con disturbi psicologici.
Attenzione alle parolacce, agli insulti, alle sberle o alla continua disattenzione e distrazione con cui ci confrontiamo con i nostri piccoli. Largo spazio all’ascolto, alla validazione delle emozioni e dei bisogni dei nostri figli e alla coerenza e all’attenzione che poniamo nei loro confronti.