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Turchia e dibattito sulla pena di morte

All’indomani dei casi di cronaca nera che hanno visto come vittime tre minori nella città di Kayseri e l’omicidio di un bambino di 9 anni a Istanbul, la Turchia torna a interrogarsi sulla pena capitale.

Il presidente turco Abdullah Gül ha dichiarato che la questione è già stata archiviata da anni (la condanna a morte è stata abolita del tutto nel 2004 n.d.r.), e che il massimo della severità giudiziaria si concretizza mediante l’ergastolo.

A rinfocolare la polemica è stato il partito turco nazionalista di estrema destra BBP, il cui segretario Yalçın Topcu ha proposto in Parlamento il ripristino della pena capitale per tutti coloro che risultano coinvolti in attività terroristiche, definite “immorali e separatiste”. Topcu ha anche lanciato una campagna di raccolta firme ad Ankara per indire un referendum popolare.

Il leader del BBP, di nota matrice antieuropeista, ha asserito che, abolendo la pena capitale, il Paese ha: <<Creato un’atmosfera brutale con le proprie stesse mani, entrando in un tunnel chiamato Unione Europea: sarebbe opportuno che il popolo turco si pronunciasse e dicesse la sua con un referendum sulla questione>>.

Il capo della Commissione Costituzionale Giustizia e Sviluppo Burhan Kuzu, appartenente al partito maggioritario AKP, ha dichiarato che: <<se a livello personale ha sempre difeso l’esistenza della condanna a morte, tutt’altra cosa è l’applicazione effettiva di tale estrema misura>>.

L’abolizione della pena capitale in Turchia è avvenuta mediante emendamento costituzionale del 2001. Allora come ora tale decisione viene reputata un’importante svolta democratica per le speranze del paese di entrare a far parte dell’Unione Europea.

 

 

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