Un uomo, una donna. Adamo mette polvere di frammenti di costola. Eva porta qualche spicchio di mela. Mixare con cura, agitare con calma…e voilà le jeux sont fait: il bimbo è pronto per l’uso. Se fosse così facile spiegare il mistero del venire al mondo, il buon Benjamin Malaussène avrebbe già provato a farsene una ragione. E invece gli tocca riconvertirsi in maestro di vita; proprio a lui che di mestiere fa il capro espriatorio. Dopo aver indossato le serissime vesti (bretelle rosse, tuta nera e scarponi da minatore), il suo interprete teatrale, al secolo Antonello Cossia, ci spiega come sia possibile nascere in un’epoca strampalata, dentro un mondo a forma di palla per pilates, fuori da un palcoscenico di poche sicurezze travolte da troppi dubbi. Tra i tanti del pater familias che si rispetti c’ è quello di far bella figura con il nascituro e mostrarsi fiero e sicuro di sé nell’accogliere nel proprio clan il figlio che si aspetta. Peccato che il nostro Benjamin sia tutt’altro che un patriarca, e che la sua famiglia sia piuttosto una tribù fatta da una nonna sempre incinta (e sempre di uomini diversi, coi quali si dà ad eterne fuitine amorose), di zii omosessuali o carcerati che dispensano perle di etica, di fratellastri e sorellastre impegnate nella nobile arte del tiremm’ innanz cronico, di una mamma leonina giornalista free-lance che è scampata a una serie di trappole mortali, non ultimo una bomba ai grandi magazzini. E poi, naturalmente, c’è lui, il padre: innamorato perso dell’embrione che ha fecondato, ma terrorizzato fino al midollo dall’essere umano che tra nove mesi sbucherà. In fondo, chi glielo fa fare di uscire dal vischioso benessere del guscio uterino? <<E’ inutile che ti racconti palle, figlio mio, la verità è che la tua famiglia fa tutt’uno con la tragedia!>>, gli rivela teneramente rassegnato il buon Benjamin. Solo quando sarà riuscito a scoraggiare il suo adorato feto a nascere e la moglie Julie verrà costretta ad abortire per un problema fisico, si renderà conto di quanto ha disperatamente bisogno di quel figlio. Epilogo felice per un finale comico-dissacrante: il piccolo nascerà ad opera di un dottore debosciato che per sbaglio (ossia volutamente) ha impiantato il feto nella pancia di una suora. Per la serie non c’è mai fine al paradosso, abbiamo assistito ad uno spettacolo raffinato e delizioso di arte varia: quella del visionario scrittore Daniel Pennac, che c’insegna quanto le odierne paure di procreare siano tutt’altro che infondate, quella di un’avvincente sceneggiatura adattata da Annamaria Russo, quella di una brillante interpretazione dell’attore Antonello Cossia, capace di intenerire con rabbia, far sorridere con veemenza e meditare con passione.