La sartoria di Salvatore Russo è un grazioso locale che affaccia sulla moderna via Winckelmann, arteria centrale di Ercolano che prende il nome dal critico d’arte ed archeologo tedesco vissuto nel tardo ’700. Sin dagli anni ’60 questo locale offre alla propria clientela un tipo di artigianalità che oggi appare sempre più in via di estinzione. La ricercatezza nei particolari unita al gusto per l’eleganza e lo stile caratterizzano l’antica sartoria napoletana, una storia fatta di persone che lavorano in silenzio, lontano dai riflettori, che donano con la loro maestria preziosi capi, frutto dell’estro creativo insito nel genoma partenopeo. E’ la storia di un abilità riconosciuta al di fuori dai confini nazionali, di una scuola dai gloriosi fasti che annovera tra le numerose qualità una certamente inconfondibile: l’originalità. Pochi gradini separano il marciapiede dal locale. Gli attrezzi del mestiere sono ben evidenti: stoffe e ditali, un ferro da stiro posizionato su un grande asse, lunghe forbici e manichini recanti due giacche da uomo blu. Marito e moglie, i coniugi Russo, lavorano insieme da decenni. Un amore nato nel condividere la medesima passione. Il signor Salvatore ha 65 anni ben portati. Ha intrapreso quest’attività giovanissimo, ad appena <<dieci anni e mezzo>>. Quel mezzo aggiunto al dieci, quasi a voler rimarcare che era appena un ragazzino quando iniziò ad imparare l’arte, terminate le scuole elementari:<<prima si usava così, bisognava imparare un mestiere>>. Salvatore Russo, <<nato, vissuto e pasciuto ad Ercolano>>, come lui stesso tiene a sottolineare, apprese così i segreti di una tradizione nobile da un vecchio maestro. Si appassionò subito, ma crescendo aumentava in lui la consapevolezza che non sarebbe giunto a traguardi immediati. Ben undici lunghissimi anni di apprendistato, fatti di sacrifici, attenzione, umiltà, il costante desiderio di imparare, acquisire competenze e professionalità prima di avviare un’attività in proprio. <<Prima lo sfruttamento era lungo, il prezzo per diventare indipendenti era alto>>, interviene la moglie senza distrarsi, con lo sguardo rivolto alla tasca di un pantalone adagiato sulla Necchi degli anni ’60. Un piede sul pedale e l’occhio sempre vigile. Le mani leggere che viaggiano in simbiosi con la macchina attraverso movimenti delicati delle dita ormai collaudati e precisi. La signora Gaudino, moglie di Salvatore, è da lui definita<<una valida collaboratrice>> che ha condiviso alti e bassi di questo lavoro. La sartoria richiede tanti sacrifici, oggi più d’un tempo, quando invecel’attività era più dozzinale, gli abiti estivi pesavano 350 grammi a differenza degli attuali abiti invernali, non più pesanti di 280-300 grammi. <<Il lavoro, quando la stoffa è leggera, diventa più difficile>>. La standardizzazione nella produzione del vestiario, complice la rivoluzione tecnologica, hanno oscurato quest’antica tradizione tutta partenopea, riducendo drasticamente la realizzazione a mano di capi da uomo e da donna. I coniugi Russo, avvertita la crisi, non se la son sentita di tramandare il proprio lavoro ai figli. Troppo grande il timore di fallire. Tanto dolore reca il sol pensiero che si rinnovino le crisi sulla pelle dei loro giovani. Ogni genitore desidera sempre un futuro sereno e come dar loro torto?Come madre e moglie, la signora Gaudino ha vissuto in prima persona le vicende alterne di quest’attività e non ha il coraggio di trasmettere qualcosa che potrebbe non avere sbocchi solidi, di lunga durata, sebbene confermi a testa alta di avere nel sangue questa passione. Da ragazza andava a scuola, studiava e al termine della mattinata andava a <<imparare il mestiere>>. Negli anni ’50 la città di Ercolano contava più di 50 sarti, la storia della stoffa passata chissà tra quante mani, lavorata, tagliata, cucita che vedeva all’opera i migliori maestri e le non meno importanti maestranze al servizio della media e alta borghesia di Napoli, nonchè di quella provincia che iniziava a popolarsi dei napoletani alla ricerca di un tetto tranquillo tra il Vesuvio e il mare. Liberi professionisti, medici ed avvocati, commercialisti e dottori in cerca " ‘ro vestite su misure " La stanchezza si fa sentire e si legge negli occhi della signora. Un lavoro condotto da anni senza interruzione avendo come faro luminoso l’onestà, valore che ha illuminato questo lungo cammino dei coniugi Russo e trasferito alla figlia appena laureata e ad un figlio ingegnere. In passato la bottega si è arricchita del lavoro di alcuni dipendenti, giovani ercolanesi entrati per un breve periodo a contatto con l’ago e il cotone. La voglia di apprendere è però svanita, non c’è più <<genio di faticare>>, i giovani preferiscono fare altro e soprattutto ottenere gratificazioni economiche più facili.<<Chi sarebbe disposto a lavorare 10-12 ore al giorno su una macchina?>> si chiede la signora, sottolineando la mutevolezza dei tempi e allo stesso tempo la loro testimonianza di un’arte che si avvia a scomparire. Avvicinarsi ad un mestiere come questo era innanzitutto una necessità. Nelle famiglie numerose con prole a carico, ognuno doveva adoperarsi per <<portare la pagnotta a casa>>. La signora apprese l’abc della sartoria da un pantaloniere, una vera rarità in circolazione. Oggi vorrebbe dedicare più tempo a sè stessa e ai propri figli. Con la mente è altrove mentre ne parla, interrompendo il suo lavoro e immaginando con gli occhi rivolti alla strada il tempo in cui sarà più libera e serena. Poco dopo riprende la cucitura assistita dalla vecchia Necchi, tutta di ferro e perfettamente funzionante. Mostra la realizzazione di una tasca: ago e ditale, preferiti dal cliente esigente rispetto ai normali negozi di abbigliamento perchè desidera la perfezione, il made in Italy e soprattutto la comodità. E’ il piacere di indossare qualcosa che sia adatto alle proprie necessità, che corrisponda in pieno ai propri gusti e preferenze, insomma, un abito confezionato "su misura". Oggi l’invasione del made in P.R.C. – Popolar Republic of China – ha inferto ulteriori colpi al settore. <<D’altronde – osserva la signora – lo sfruttamento non ha confini, è qui da noi come in Asia, è una questione di diritti umani che va approfondita e risolta dai Governi>>. Ci salutiamo e la signora, sorridendo,spera che i suoi figli possano leggere questo articolo. Sarà una piccola testimonianza dell’amore per quest’attività che se andrà esaurendosi, lascerà una traccia, la storia di un impegno e di un amore per il lavoro portato avanti, nonostante tutto, con dedizione e grande spirito di sacrificio.