Il 29 agosto di venticinque anni fa, dopo una lunga malattia, sopportata con ammirevole forza di spirito e grande fede, moriva prematuramente monsignor Nicola Ciavolino. Ricordo, come se fosse ieri, il suo funerale: un crescendo di comunione ecclesiale. Ricordo le lacrime dei sacerdoti, dei tanti che gli avevano voluto bene, le mie…
Don Nicola è stato un ministro fedele, dal cuore buono, un fratello sorridente che – come avviene negli incontri con Gesù nel Vangelo – ha riempito il cuore di gioia in tutti quelli che, in tempi e in modi diversi, hanno incrociato la propria esistenza con la sua. «Questa è stata la più grande gioia della mia vita», egli ci confessa in un’omelia-testamento: «aver incontrato tantissima gente, dal salumiere, dal verdummaro, a reto ’a piazzetta. In ogni luogo ho incontrato gente, che ho saputo con molta semplicità avvicinare». È una testimonianza, ricambiata in tutti questi venticinque anni da tante – anche attraverso convegni e pubblicazioni – in cui si scopre la bellezza dell’amicizia, il volto dell’umanità, il senso della Chiesa e il valore dello studio e della ricerca scientifica.
Sarebbe impossibile riassumere, in poche righe, quanto ha fatto per la Chiesa di Napoli, e anche per le Chiese sorelle della Campania, il prete-archeologo Nicola Ciavolino. Egli è vissuto tra le “sue” catacombe e la cattedra alla Pontificia Facoltà Teologica di Capodimonte, tra le pietre di monumenti primitivi e gli altari delle chiese, sempre pronto a cercare, scoprire, conservare, insegnare, testimoniare, e contagiando confratelli, amici, gente del popolo e uomini di cultura. Ma, soprattutto, l’esistenza presbiterale di don Nicola si è consumata per la Comunità parrocchiale di Santa Maria del Principio in Torre del Greco. Nella parrocchia, in cui ha vissuto per gran parte della vita insieme al compianto parroco monsignor Salvatore Maglione, egli ha scoperto il dono di una comunione che diviene storia vissuta e che nemmeno la morte può spezzare. Questa comunità, che lui ha servito come ministro fedele del Vangelo, lo ha ricordato il 29 agosto scorso nell’Eucaristia, a cui hanno partecipato diversi sacerdoti e centinaia di persone.
Come dicevano i Padri della Chiesa, il Credo non ti appartiene se non lo vivi. A don Nicola apparteneva, non tanto per essere un buon conoscitore della storia antica, dell’archeologia e della prassi liturgica della Chiesa primitiva, ma soprattutto per la sua capacità di professare, con la vita e il cuore, l’assoluto primato di Dio e la carità per i fratelli. La sua lampada ancora arde: dell’amore per il suo Signore, per il Vivente. Ed è ancora canto, parola, intercessione nell’unica Parola che sempre ama ed eternamente risplende nel Cielo come l’Astro del mattino, il Sole del giorno che più non tramonta, Gesù Cristo.
A lui, al Signore del tempo, il bel Pastore, affidiamo la tua memoria, caro Nicola, maestro e fratello, sacerdote e amico, sempre innamorato della Verità, della Bontà e della Bellezza…